venerdì, ottobre 27, 2006

Che serata

Genere: narrativa

Anche questo racconto è abbastanza vecchio, dovrebbe risalire al 2003. E' stato buttato giù di getto in un pomeriggio in cui non avevo per nulla voglia di studiare, per cui decisi di impiegare il tempo in altro modo.
Ovviamente è stato sottoposto ad alcune revisioni e modifiche nei giorni seguenti.


Se preferite potete scaricare il testo in versione pdf

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Buona lettura.

Gocce di pioggia di Alessandro Bardi
foto realizzata da A. Bardi


Che serata.


Le vacanze sono finite. Finiscono sempre.


D’altra parte non potrebbe essere altrimenti, in tal caso non si parlerebbe di vacanza; si definirebbe in altri modi: disoccupazione, periodo di riflessione, anno sabbatico e così via. Io non mi definirei un lavoratore,ma neanche un disoccupato,direi un mantenuto, si cioè quello che faccio,o meglio, che dovrei fare, è studiare il che mi riesce anche abbastanza bene quando mi ci metto.

Ora, la questione è che in questo ultimo periodo non mi ci sto mettendo affatto, nessun problema,direte voi, beh certo, nessun problema finchè ci sono le vacanza che ti parano il culo,ma le vacanze ora sono finite. Come la mettiamo?

Mah, neanche questo è un problema, direte voi, la voglia va e viene. Certo è così con qualunque cosa: il whiskey , la droga, le donne e altre cose più sensate che al momento non mi vengono in mente.


Ma sapete che vi dico?


Beh, nulla. Avete perfettamente ragione, questo vi dico ; ma lasciate che tiri su il pesante tendone e metta in scena il simpatico evolversi della serata.

Attori: solo io.


Ore 16.


Il nostro eroe viene tirato su da un allegro cinguettio proveniente dall’interno del condominio.

Penso sia l’unico condominio in questo minestrone di palazzi ,smog, pesce e mafiosi che possa vantarsi di possedere una simile colonna sonora che accompagni il periodo primaverile. Non si tratta esattamente di primavera, ma di quel periodo senza nome (credo) in cui la primavera evolve verso l’estate. In termini di odori, stiamo parlando di un simpatico odore di cloaca che stenta ad affermarsi tra le strade della città , missione che verrà compiuta con successo nel periodo estivo.


Insomma mi tiro su a fatica: gli occhi a mezz’asta, anche loro lì a testimoniare la gran voglia di fare.

Passano diversi minuti, finchè , trascinandomi , raggiungo la cucina ancora più stonato di prima. Ovviamente solo un quarto del caffè ,direi, spalato, raggiunge l’ambita destinazione,mentre i restanti tre quarti si spargono irrimediabilmente un po’ dappertutto.

La soluzione caffè è abbandonata,o meglio, messa da parte, e si opta per un po’ di acqua sulla faccia; di quella fredda ovviamente.


Ok, siamo a cavallo, si stanno aprendo.Un occhiatina allo specchio… aaaarrgghhh , mostruoso.


Intanto le rotelline iniziano a girare “allora, che giorno è? Vediamo: baldoria, vino zampina, tante donne, ehm... no no le donne erano nel sogno. Ok, ieri era pasquetta per cui oggi è… non ne ho idea. Beh, sarà il giorno dopo pasquetta”.


Ci siamo.


Ecco. Ora inizia la depressione: è la fine, bisogna studiare: due,tre ,quattro ,cinque esami… cavolo, non se ne tiene più il conto. Che palle.


Sapete qual è la paranoia? Non avere i tuoi che rompono; almeno quando i tuoi rompono sei leggermente spronato a fare qualcosa, ma se non ci sono neanche loro, cavolo… voglia zero.

Ti parlano di fuori sede che si divertono: si esce tutte le sere, si fa quello che ti pare… chiacchiere. Lavatevi i vestiti, stirate, e poi mi dite.


Sapete secondo me qual è la cosa più brutta dell’essere fuori sede?


Ritrovarsi a studiare perché non si ha niente di meglio da fare.

Ma che tristezza; anche se,pensandoci bene, a me è un po’ che non succede.


La chiave è pensare a qualcosa di divertente, ma che al tempo stesso ti dia energia, carica, e la giusta iniezione di secchionaggine che ti serve.


Pensa., pensa, pensa:


“Vediamo: non vedi i tuoi da settimane, non sai se tuo fratello è ancora vivo e… ti sei lasciato con la tua ragazza. Ma porc… è la fine”.

Ecco l’ultimo dei pensieri che avrebbe dovuto imboccare quella specie di raccordo anulare che ti hanno piazzato nel cervello.

Stai certo che adesso non studierai più nulla. Hai vinto un biglietto di sola andata per il parco della depressione.


Ore 17:30.


Insomma alla fine hai trionfato sul tuo caffè e hai trovato il modo di passare un’ora e mezza in modo totalmente inutile.

Che si fa?


Al solo guardare il libro nell’altra stanza ti vengono su spontanei conati di vomito.


Una doccia. Questa potrebbe essere la soluzione.


La sensazione di relax che può regalare una doccia è, a volte, qualcosa di indescrivibile: i muscoli si rilassano, la mente si sveglia per poi riassopirsi attimo dopo attimo. I capelli mi cadono sulle spalle con riccioli quasi innaturali.


Mi lascio andare pesantemente sul divano, mentre a volume appena percettibile partono i Doors e le luci multicolore dai toni scuri del presepe ancora incastonato nell’inutile camino che adorna il soggiorno, si illuminano alternativamente quasi a ritmo di musica. L’oscurità è totale, solo queste lucine che si accendono e si spengono pigramente creando con le gocce d’acqua che ancora riposando sulle cornee allucinanti effetti arcobaleno.

Il relax è totale, se non fosse per le allucinazioni potrei dire di aver trovato qualcosa capace di sostituire un acido. Voglia di studiare: nulla.


Ormai sei quasi certo che la giornata è persa, ma ancora confidi nel tuo senso del dovere.

Passano in questo modo alcune ore (o almeno questo è quello che credo io) fintanto che l’istinto di sopravvivenza prende il sopravvento convincendomi ,che per la mia sopravvivenza sarebbe meglio alzarsi da lì e optare per occupazioni più produttive.


Ore 18:30.


Ormai posso affermare di essere sveglio, anche perché se così non fosse dovrei iniziare a preoccuparmi.


Dopo essermi infilato una tuta, incrocio il mio sguardo in uno specchio,è determinato. Adesso si studia. Il quaderno si apre, ed eccole lì: amate formule, sommatorie, derivate, integrali, e chi più ne ha più ne metta.

La cosa procede senza intoppi per circa mezza pagina, poi, un illuminazione: Chagall.


Cavolo, io Chagall non l’ho mai capito, o meglio: ai colori forti ci arriviamo tutti,ma quelle immagini? Eppure non mi sembra un uomo così allucinato. No,no, bisogna venirne a capo.

Avete presente il “Il santo vetturino”? Praticamente ha disegnato uno scivolo e ci ha piazzato su una testa.

Perché?


Rovistando tra le mille cartacce che mi circondano, ecco emergere un librone su Chagall, sepolto lì da tempo immemore insieme a pacchetti di sigarette straniere mai aperti, ricordi economici di paesi lontani.

Inizio a leggere, e qui il dramma, è sempre così, quando dovresti fare qualcosa ma ti va di fare altro non combini nulla in entrambe le direzioni.

Che depressione. Che senso di inutilità.


Mentre scorro ,almeno con lo sguardo, le righe del volume anzidetto, un leggero brusio distoglie la mia attenzione.

Inizialmente presto poca attenzione alla cosa, almeno finchè, il brusio non si tramuta in grida, urla.


E’ la vecchia pazza.


Si, nel magnifico interno del mio splendido condominio si affaccia l’abitazione di questa splendida signora.

Questa anziana, di cui ignoro il nome, si presenta come una specie di befana, già, proprio lei; si avvolge ad una specie di mantella nera, probabilmente abbastanza sudicia, se contiamo il fatto che non la si è mai vista indossare qualcosa d’altro; i suoi capelli ,di un grigio sbiadito, si arricciano sulle spalle come se godessero di vita propria, dando l’impressione di possedere una consistenza simile a quella del fieno. Gli occhi spiritati di cui non se ne riesce a definire il colore (data la distanza da cui questo soggetto usa dare spettacolo) sono incorniciati da un enorme paio di occhiali neri quadrati in celluloide, non meno rilevante è il suo volto completamente ricoperto di rughe e a tratti spaventoso.


Girano strane voci tra i condomini sulla storia di questo strano personaggio, la versione più diffusa e che molti attestano come vera è,a parere mio la più inverosimile, anche se , sappiamo tutti che la realtà, non di rado, usa tessere trame che vanno oltre la più fervida immaginazione.


Si dice , come nelle favole più tradizionali, che questa signora in gioventù sia stata di bell’aspetto, e persino che godesse di una salute mentale invidiabile; di buona e ricca famiglia frequentò le migliori scuole della città. Insomma i suoi guai iniziarono quando si sposò con un giovane, inizialmente, egli le rivolgeva grandi attenzioni e pareva fosse realmente innamorato, se non chè presto ci si accorse che l’unico suo obiettivo erano le ricchezze della ragazza.


Dopo aver speso tutto fino all’ultimo centesimo in donne, e divertimenti di ogni tipo, il ragazzo sparì senza lasciare traccia lasciando la poveretta (di nome e di fatto) sola a vivere di stenti nell’appartamento.

Tutto questo turbò non poco la mente della donna, dando così origine alla ormai famosa “vecchia pazza dell’interno”.


Insomma ormai ci si è abituati ai soliti vaneggiamenti della vecchia a qualsiasi ora del giorno e della notte a proposito di serpenti che le salgono su per i calzoni, gente che si divora i propri figli e negri che dovrebbero irrompere da un momento all’altro nelle nostre case per ucciderci tutti, ma questa volta sembra più inquieta del solito.


Giungono intanto le 20:30,la vecchia sbraita ormai da più di mezz’ora e gli abitanti del condominio sfiancati dalle loro giornate di lavoro si apprestano a godersi il meritato riposo in compagnia del solito film in prima serata e della solita immancabile Peroni familiare.


Per quanto mi riguarda, questo maledetto riposo non me lo merito, cosa ho fatto per meritarmelo?


Niente.


Pensate che non fumo neanche. Ma chi è che non fuma al giorno d’oggi? Che barba eh?

Pensandoci bene è da un po’ che non combino niente, ma non solo nell’università, ma nella vita, cavolo, voti alti, a volte, successi sportivi, qualcuno, ma per il resto?


Niente.


Sapete che faccio ora? Metto per iscritto quello che ne è stato della mia giornata e della mia vita, così sarà attestato che non ho combinato assolutamente nulla.

Intanto alcune signore si sono affacciate preoccupate dalle grida insistenti della nonna.

Mi giungono all’orecchio discorsi a proposito di un insistente odore di gas diffuso per tutto il condominio; forse una perdita.


L’inquietudine sta giusto iniziando a dilagare: chi chiama la società del gas, chi chiama i pompieri, chi si scatena con frasi apocalittiche tipo “moriremo tutti”, “salteremo tutti in aria” o roba del genere.


Effettivamente ora che ci faccio caso c’è un nauseabondo odore di gas per tutta la casa... e va sempre peggio.


Ore 23:30.


Ho buttato giù queste righe e penso che siano una gran schifezza, d’altra parte ho pensato fosse l’unica cosa che potessi fare visto che , io , non lo merito il film in prima serata, e neanche tutto quello che gli gira intorno.


Non merito nulla.


Il gas è dappertutto, e l’aria è quasi irrespirabile.

Che depressione.

Un pacchetto di sigarette con scritte russe emerge tra le scartoffie.

Me ne accendo una.




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